L’OSS deve fare le pulizie in ospedale? Cosa prevede davvero il mansionario

di Redazione

Il tema è uno dei più discussi nei reparti ospedalieri: l’Operatore Socio-Sanitario deve occuparsi delle pulizie in ospedale oppure no? La domanda, tutt’altro che marginale, riguarda non solo il corretto inquadramento professionale, ma anche la qualità dell’assistenza e la sicurezza dei pazienti.

La normativa nazionale fissa limiti precisi, spesso disattesi nella pratica. E chiarisce che le attività di sanificazione spettano all’OSS solo quando strettamente connesse all’assistenza diretta, mentre le pulizie generali restano di competenza del personale ausiliario o delle ditte esterne.

Cosa dice la normativa: l’OSS può svolgere solo pulizie collegate all’assistenza

Il profilo professionale dell’OSS, definito dall’Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001, indica che l’operatore collabora all’igiene dell’ambiente di vita dell’assistito in relazione alla cura della persona, non come attività generica di sanificazione.

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In altre parole, l’OSS può intervenire su quegli spazi che fanno parte del percorso assistenziale.
Rientrano nelle sue competenze, ad esempio:

  • l’igiene dei presidi utilizzati dal paziente;
  • il riordino e la pulizia superficiale del letto di degenza;
  • la sanificazione di carrozzine, comode e ausili;
  • la gestione del materiale biologico quando direttamente correlato alla cura.

Si tratta di attività finalizzate alla sicurezza e al comfort dell’assistito, non di interventi strutturali sugli ambienti ospedalieri.

Cosa non rientra nelle mansioni dell’OSS: le pulizie generali non spettano all’operatore

La normativa è altrettanto chiara nel fissare ciò che non compete all’OSS.
Non rientrano nelle sue funzioni:

  • il lavaggio dei pavimenti dei reparti;
  • la pulizia dei bagni comuni o delle aree di passaggio;
  • la sanificazione delle camere dopo dimissione;
  • la pulizia di corridoi, ambulatori, uffici e locali tecnici;
  • qualsiasi attività normalmente affidata agli addetti alle pulizie.

Questi compiti richiedono procedure, prodotti e responsabilità che appartengono al personale ausiliario o alle imprese appaltatrici.

Attribuirli impropriamente all’OSS non è solo scorretto dal punto di vista contrattuale: può compromettere il corretto svolgimento dell’assistenza.

Perché il confine viene spesso superato: carenza di personale e organizzazione dei reparti

Nei reparti sovraccarichi, la linea tra assistenza e pulizia tende a sfumare.
La carenza di personale e l’aumento dei carichi di lavoro spingono spesso gli operatori a svolgere mansioni non previste dal profilo professionale. Una prassi che genera malcontento, rischi e una percezione distorta del ruolo dell’OSS.

Gli esperti sottolineano che l’operatore socio-sanitario non è una figura di supporto generico, ma un professionista formato per l’assistenza diretta alla persona e per attività di igiene finalizzate al percorso di cura.
Spostarlo su mansioni improprie significa sottrarre tempo all’assistenza e aumentare il rischio di errori.

Cosa può fare l’OSS quando gli vengono richieste attività non previste dal mansionario

Se al professionista viene imposto di eseguire pulizie generali, può richiedere:

  • un chiarimento formale al coordinatore;
  • l’accesso ai documenti interni che regolano le mansioni;
  • il rispetto del profilo professionale previsto dalla normativa;
  • l’intervento delle rappresentanze sindacali nei casi di richiesta impropria reiterata.

Il principio è semplice: il mansionario non è una scelta organizzativa, ma un vincolo giuridico.

L’OSS non è un addetto alle pulizie, ma garantisce l’igiene funzionale all’assistenza

Il dibattito è destinato a proseguire, ma la normativa offre una risposta netta.
L’OSS deve garantire l’igiene collegata alla cura della persona.
Non deve sostituire gli addetti alla sanificazione né svolgere compiti estranei alla propria formazione.
Chiarezza sui ruoli e corretta organizzazione dei servizi restano condizioni essenziali per tutelare pazienti e operatori.


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