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In Italia accedere alle cure sanitarie è sempre più difficile, indipendentemente dalla qualità delle prestazioni. A certificarlo è il Rapporto civico 2025 di Cittadinanzattiva, che fotografa un Servizio sanitario nazionale in forte sofferenza sul fronte delle liste d’attesa, oggi considerate la criticità più grave e trasversale del sistema.
Secondo i dati raccolti attraverso 16.854 segnalazioni dei cittadini, quasi una su due (47,8%) non riguarda errori clinici o qualità delle cure, ma la semplice impossibilità di ottenere una prestazione nei tempi previsti. I numeri sono emblematici: fino a 360 giorni per una TAC torace, 540 giorni per una risonanza magnetica encefalica o una visita oculistica, e fino a 720 giorni – quasi due anni – per una colonscopia. Anche le prime visite specialistiche superano frequentemente i 400-500 giorni di attesa.
Le difficoltà emergono anche dai dati della Piattaforma nazionale Agenas, che evidenzia come solo il 40,6% delle prestazioni diagnostiche e appena il 34,5% delle visite specialistiche venga accettato alla prima data proposta dal CUP. In molti casi, spiegano i cittadini, le date offerte non sono compatibili con il bisogno clinico o le strutture risultano troppo distanti. Ancora più critico il dato sulle pre-liste, dove solo 4 prenotazioni su 10 vengono poi erogate nei tempi previsti.
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Particolarmente allarmante la situazione nelle fasce di priorità. Per le prestazioni urgenti, come la colonscopia, un paziente su quattro attende oltre 105 giorni, a fronte di un limite fissato a 72 ore. Nella fascia “D” (differibile entro 60 giorni), i tempi arrivano fino a 147 giorni per una mammografia e 177 per una visita dermatologica. Anche nella fascia programmabile, con limite a 120 giorni, si registrano 357 giorni per una colonscopia e 260 per la diagnostica senologica.
Le segnalazioni non si fermano alle liste d’attesa. I cittadini denunciano carenze nell’assistenza territoriale (17,9%), con difficoltà nel rapporto con medici di famiglia e pediatri, problemi di accesso a RSA e lungodegenze, e percorsi complessi per la salute mentale e l’assistenza domiciliare. In ambito ospedaliero, Pronto soccorso ed emergenza-urgenza rappresentano oltre il 78% delle criticità segnalate.
A pesare è anche la condizione dei pazienti cronici e rari, per i quali la cura rischia di diventare un privilegio: l’83,6% segnala tempi d’attesa eccessivi e oltre il 55% ha rinunciato ad almeno una prestazione nell’ultimo anno. Quasi l’86% ha dovuto sostenere spese di tasca propria, spesso per visite o farmaci non disponibili nel Ssn.
“Il Servizio sanitario nazionale resta lo strumento più efficace per contrastare le disuguaglianze”, sottolinea Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, che chiede un cambio di passo concreto. Tra le priorità indicate: un nuovo Piano sanitario nazionale, l’attuazione piena del DM 77, il governo reale delle liste d’attesa, investimenti sul personale sanitario, digitalizzazione e potenziamento della prevenzione.
Il quadro che emerge è chiaro: senza interventi strutturali, il rischio non è solo l’allungamento dei tempi, ma una progressiva rinuncia alle cure, con conseguenze dirette sulla salute dei cittadini e sulla tenuta del sistema pubblico.
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