Cannabidiolo, stop allo stop: il Consiglio di Stato sblocca la canapa industriale

di Redazione

La decisione non riguarda solo un principio giuridico, ma migliaia di posti di lavoro e un intero settore produttivo rimasto sospeso per mesi. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato da alcune imprese della canapa industriale, sospendendo l’efficacia della sentenza del Tar Lazio che aveva di fatto bloccato le attività legate al cannabidiolo (CBD). Le aziende, ora, possono tornare a lavorare.

Una svolta che incide direttamente su imprese agricole, lavoratori, filiere produttive e anche su pazienti e consumatori, finiti in un clima di incertezza normativa che ha avuto ricadute economiche e sociali molto concrete.

Cosa prevedeva il decreto e perché aveva fermato il settore

Al centro della vicenda c’è il decreto del ministero della Salute del 27 giugno 2024, che aveva inserito le composizioni orali a base di cannabidiolo tra i medicinali stupefacenti. Una scelta giustificata dal ministero con il principio di precauzione, cioè la necessità di tutelare la salute pubblica in assenza di certezze scientifiche definitive.

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Il Tar Lazio aveva ritenuto legittimo il decreto, di fatto equiparando il CBD ad altre sostanze sottoposte a un regime molto più restrittivo. Il risultato è stato immediato: produzione, trasformazione e vendita bloccate, con aziende costrette a fermarsi da un giorno all’altro, magazzini pieni e contratti sospesi.

Il Consiglio di Stato: pesa il danno economico e occupazionale

Con il provvedimento del 15 dicembre, Palazzo Spada ha ribaltato il quadro, almeno temporaneamente. Il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del Tar, riconoscendo il rischio di un “grave pregiudizio economico e occupazionale” per il comparto della canapa industriale.

Secondo i legali delle imprese ricorrenti, si tratta di “un primo riconoscimento delle criticità giuridiche sollevate“. In altre parole, i giudici hanno ritenuto che gli effetti del decreto siano potenzialmente sproporzionati rispetto agli obiettivi di tutela, soprattutto in attesa di una valutazione più approfondita nel merito.

Non è ancora una decisione definitiva sulla legittimità del decreto, ma è un segnale forte: bloccare un intero settore produttivo senza una base regolatoria chiara può avere conseguenze difficilmente reversibili.

Un settore che non è solo “cannabis light”

Nel dibattito pubblico, il tema viene spesso ridotto alla dicitura “cannabis light”. In realtà, il comparto coinvolto è molto più ampio. Parliamo di canapa industriale, utilizzata in agricoltura, cosmetica, alimentazione, ricerca, benessere e innovazione ambientale.

Secondo le stime citate nel dibattito politico, il settore dà lavoro a circa 30 mila persone, tra agricoltori, trasformatori, commercianti, ricercatori e piccole e medie imprese. Un tessuto produttivo composto in larga parte da giovani imprenditori, aziende agricole riconvertite e realtà locali che hanno investito in un mercato ritenuto legale fino a ieri.

Le reazioni politiche e il clima di incertezza

La decisione del Consiglio di Stato ha acceso immediatamente il confronto politico. Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra e co-portavoce di Europa Verde, parla di “smentita netta di una politica ideologica e punitiva”, accusando il governo di aver criminalizzato un settore legale e di aver creato incertezza invece di colpire le attività illegali.

Al di là delle posizioni politiche, resta un dato di fatto: le norme emergenziali e i continui cambi di interpretazione stanno producendo instabilità, rendendo difficile programmare investimenti, assumere personale e garantire continuità lavorativa.

Perché questa decisione riguarda anche cittadini e lavoratori

La vicenda del cannabidiolo non è solo una questione tecnica o di nicchia. Tocca il rapporto tra salute, lavoro e regolazione pubblica. Quando una norma viene introdotta senza un quadro chiaro e condiviso, il rischio è duplice: da un lato la perdita di occupazione, dall’altro la mancanza di regole certe per consumatori e pazienti.

La sospensione decisa dal Consiglio di Stato restituisce tempo e respiro alle aziende, ma soprattutto rimette al centro una domanda cruciale: come si regolano settori nuovi senza creare vuoti normativi o danni irreparabili? La risposta, ora, è attesa nei prossimi passaggi giudiziari e politici. Nel frattempo, il settore riparte. Con cautela, ma finalmente senza lo stop forzato.


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