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Ospedali italiani, dove si cura meglio davvero: cosa dice l’ultimo report Agenas
Non è una semplice classifica, ma una fotografia dettagliata di come funziona davvero la sanità ospedaliera italiana. L’ultimo Piano nazionale esiti (Pne) di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, mette nero su bianco punti di forza e criticità di oltre mille ospedali, mostrando dove le cure sono più efficaci e dove invece persistono problemi che incidono sulla vita delle persone.
Per chi deve scegliere dove farsi operare, per chi assiste un familiare fragile o per chi lavora ogni giorno nei reparti, questi dati non sono numeri astratti: raccontano qualità delle cure, sicurezza, tempi di intervento e appropriatezza clinica.
Come funziona davvero la “classifica” degli ospedali
L’analisi di Agenas prende in esame 1.117 strutture tra il 2015 e il 2024, valutate attraverso 218 indicatori, di cui 189 dedicati all’assistenza ospedaliera. Non esiste una graduatoria unica dal primo all’ultimo posto: ogni ospedale viene valutato su specifiche aree cliniche, dalla cardiochirurgia all’oncologia, dall’ortopedia alla maternità.
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Tra i parametri osservati ci sono, ad esempio, la tempestività degli interventi chirurgici, gli esiti dopo operazioni complesse, la percentuale di parti cesarei, l’appropriatezza dei ricoveri e la capacità di gestire casi ad alta complessità. Indicatori che incidono direttamente su sopravvivenza, complicanze e qualità della vita dei pazienti.
Le eccellenze: non solo grandi ospedali
In cima alla valutazione complessiva emergono due strutture medio-piccole, spesso lontane dai riflettori: l’ospedale di Mestre e quello di Savigliano, che registrano otto aree di indicatori con risultati considerati “positivi”. Un dato significativo, perché dimostra che la qualità non dipende solo dalle dimensioni, ma anche dall’organizzazione, dall’esperienza dei team e dalla continuità assistenziale.
Subito dopo compaiono nomi più noti: il Papa Giovanni XXIII di Bergamo, l’Humanitas di Milano, il Policlinico Federico II di Napoli, il Policlinico di Ancona. Strutture ad alto volume, spesso universitarie o di ricerca, capaci di gestire casi complessi e di garantire standard elevati in più ambiti clinici.
Un sistema che migliora, ma a velocità diverse
Il quadro generale che emerge dal Pne è quello di un sistema sanitario in miglioramento, ma non in modo uniforme. Le differenze territoriali restano marcate, soprattutto tra Nord e Sud e tra grandi centri e ospedali periferici.
Questo significa che il luogo in cui si vive può ancora influenzare l’accesso a cure tempestive ed efficaci. Un problema che pesa in modo particolare su anziani, persone con patologie croniche e famiglie che devono spostarsi per ottenere trattamenti adeguati, con costi emotivi ed economici spesso elevati.
Agenas segnala inoltre criticità in quasi 200 strutture, dove alcuni indicatori restano sotto i livelli considerati ottimali. Non si tratta di “ospedali da bocciare”, ma di realtà che necessitano di interventi mirati, investimenti e supporto organizzativo per garantire standard di sicurezza adeguati.
Perché questi dati contano nella vita reale
Per i cittadini, il Piano nazionale esiti è uno strumento di trasparenza: aiuta a orientarsi, a fare domande, a comprendere perché un medico suggerisce una struttura piuttosto che un’altra. Per i professionisti sanitari, è una base di confronto per migliorare le pratiche cliniche. Per i decisori pubblici, è una bussola per allocare risorse dove servono davvero.
In un Paese che invecchia e dove il lavoro di cura ricade sempre più su familiari e caregiver, sapere dove il sistema regge e dove fatica non è un esercizio statistico. È un passaggio essenziale per garantire equità, qualità e continuità delle cure, indipendentemente dal codice di avviamento postale.
La mappa tracciata da Agenas non premia solo l’eccellenza: mette in luce anche le fragilità. Ed è proprio da lì che passa la possibilità di costruire una sanità pubblica più giusta e più vicina alle persone.
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