L’OSS può somministrare i farmaci? Ecco cosa dice la legge a riguardo

di Redazione

Negli ultimi anni si è acceso un dibattito sulla figura dell’Operatore Socio Sanitario (OSS) e sul suo ruolo nella somministrazione dei farmaci. Molti si chiedono: l’OSS può somministrare farmaci ai pazienti? E se sì, quali? In un contesto sanitario sempre più sotto pressione, con carenza di personale infermieristico, la questione è tutt’altro che teorica: in diverse cliniche e RSA, gli OSS si ritrovano a coprire ruoli che esulano dalle loro competenze. Alcuni casi hanno persino portato a condanne penali.
In questo articolo cercheremo di fare chiarezza, partendo dalla normativa vigente e arrivando ai casi reali che hanno segnato un confine importante tra ciò che è lecito e ciò che non lo è.

Cosa dice la legge: compiti e limiti dell’OSS

Quando si parla di OSS e farmaci, il confine tra ciò che è consentito e ciò che è vietato può sembrare sottile, ma è in realtà ben definito dalla normativa. Tuttavia, nella pratica quotidiana, questa linea viene spesso oltrepassata, talvolta inconsapevolmente. Per capire esattamente cosa può fare un OSS con i farmaci, bisogna partire da ciò che dice la legge: il ruolo dell’OSS non è quello di un sanitario autonomo, ma di un operatore che agisce su indicazione e supervisione dell’infermiere.
Vediamo dunque, punto per punto, quali sono i compiti e i limiti legali dell’OSS in materia di somministrazione dei farmaci.

La figura dell’OSS secondo la normativa italiana

L’Operatore Socio Sanitario è una figura di supporto, fondamentale nell’assistenza quotidiana ai pazienti. Secondo l’Accordo Stato-Regioni del 2001, l’OSS non ha autonomia decisionale e opera sempre in collaborazione con il personale sanitario. Il suo ruolo è definito come di “supporto all’infermiere“, non sostitutivo.

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Il concetto di “somministrazione”

Per capire cosa può (e soprattutto cosa non può) fare un OSS in merito ai farmaci, è fondamentale chiarire il significato della parola “somministrazione“. Questo termine, spesso usato in modo generico nel linguaggio quotidiano, in ambito sanitario ha un valore tecnico e giuridico preciso.

Somministrare un farmaco non significa semplicemente consegnarlo al paziente. Vuol dire assumersi la responsabilità dell’atto terapeutico, che comprende diverse fasi:

  • il riconoscimento del farmaco;
  • la verifica del dosaggio;
  • la valutazione dello stato del paziente prima dell’assunzione;
  • l’osservazione degli effetti dopo la somministrazione.

Per la legge italiana, tutto questo è considerato atto sanitario. E come tale, può essere compiuto solo da un professionista sanitario abilitato, come un infermiere o un medico. L’OSS, pur essendo parte attiva nel processo assistenziale, non ha competenze cliniche e non può prendere decisioni in autonomia riguardo ai farmaci.

In alcuni casi si fa confusione tra “collaborazione alla terapia” e “somministrazione vera e propria”. Ad esempio, consegnare al paziente una compressa già predisposta dall’infermiere, verificando che venga assunta, è un’azione che può essere compresa nelle attività dell’OSS – ma non equivale a una somministrazione autonoma. Cambiare il dosaggio, scegliere il momento dell’assunzione o somministrare un farmaco al bisogno senza indicazione sanitaria scritta, invece, è vietato.

Comprendere la differenza tra supporto e atto sanitario è essenziale non solo per evitare sanzioni, ma soprattutto per tutelare la sicurezza del paziente e dell’operatore. Un gesto fatto in buona fede, ma fuori dai limiti di legge, può trasformarsi in un rischio grave, sia dal punto di vista clinico che legale.

Quando l’OSS può intervenire: i contesti autorizzati

Nonostante l’OSS non possa somministrare farmaci in modo autonomo, esistono alcuni contesti ben definiti in cui l’intervento dell’operatore è consentito, purché avvenga sempre sotto indicazioni precise e nel rispetto dei protocolli.

Uno dei casi più comuni è quello in cui la somministrazione rientra in un protocollo operativo standardizzato, previsto ad esempio in strutture sanitarie o socio-assistenziali. In questi casi, l’OSS può collaborare alla somministrazione, ma sempre con la supervisione diretta dell’infermiere, che rimane il responsabile dell’atto sanitario. È l’infermiere che predispone la terapia e valuta lo stato clinico del paziente, mentre l’OSS può accompagnare il gesto, ad esempio facilitando l’assunzione del farmaco o verificando che venga assunto.

Nel contesto domiciliare o semi-residenziale, possono esserci situazioni particolari in cui l’OSS è autorizzato a somministrare terapie già pronte, ovvero non modificabili e non soggette a decisioni cliniche. Ecco alcuni esempi pratici:

  • Acqua gelificata già dosata, destinata a pazienti disfagici, da somministrare secondo orari prestabiliti.
  • Gocce orali in cui la dose è già stata misurata e predisposta da un familiare, un infermiere o il medico.
  • Compresse preparate in un contenitore settimanale (blister o dosatore) organizzato dal personale sanitario.

In questi casi, l’intervento dell’OSS è limitato alla verifica dell’assunzione e all’assistenza al paziente durante il gesto, senza alcuna modifica della terapia. È importante sottolineare che qualsiasi dubbio, reazione avversa o anomalia deve essere immediatamente riferita all’infermiere o al medico, poiché l’OSS non ha potere decisionale terapeutico.

Queste situazioni mostrano come l’OSS possa rappresentare un valido supporto nel percorso di cura, ma sempre entro confini precisi. Superarli, anche in buona fede, significa esporsi a rischi legali e professionali non trascurabili.

Le responsabilità penali in caso di abuso di ruolo

Numerosi casi giudiziari hanno portato alla condanna di OSS che, pur in buona fede, hanno somministrato farmaci senza autorizzazione né supervisione. In assenza dell’infermiere, questa pratica non è giustificabile legalmente e comporta gravi responsabilità.

Farmaci e vie di somministrazione

Ci sono differenze a seconda della via di somministrazione:

  • Orale: possibile solo se il farmaco è stato preparato dall’infermiere,
  • Topica (creme): talvolta consentita, ma sempre sotto indicazione;
  • Iniettiva: vietata all’OSS in qualsiasi contesto.

Quando l’OSS rischia davvero: esempi reali

Nel 2023, un’OSS di una clinica privata è stata condannata per esercizio abusivo della professione medica, dopo aver somministrato insulina in assenza dell’infermiere. In un altro caso, a Roma, un’OSS ha dato benzodiazepine a un paziente agitato, causando un peggioramento clinico: la Procura ha aperto un fascicolo per lesioni colpose.

Linee guida operative per evitare errori

Per evitare situazioni a rischio, l’OSS dovrebbe:

  • Chiedere sempre indicazioni scritte;
  • Mai somministrare farmaci “al bisogno” senza autorizzazione;
  • Segnalare qualsiasi anomalia al personale sanitario.

Infine, la domanda “quali farmaci può somministrare un OSS?” ha una risposta chiara ma non sempre rispettata: nessuno, senza la supervisione dell’infermiere o senza protocolli specifici. L’OSS è una figura fondamentale, ma deve restare nei limiti del proprio profilo professionale per non mettere a rischio né se stesso né il paziente.
In un sistema sanitario sotto stress, rispettare i ruoli e lavorare in equipe è l’unico modo per garantire un’assistenza sicura, umana ed efficace. Conoscere i propri limiti non significa fare di meno, ma fare meglio.


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